Concediti ogni giorno una cosa bella. Anche piccola.
Leggi una poesia.
Ascolta una canzone che ti piace.
Ridi con un amico.
Osserva il cielo appena prima che il sole precipiti verso la notte...
Basta che sia un modo semplice per ricordare a te stesso
che il mondo è pieno di meraviglie.
Anche nei momenti della vita in cui non siamo in grado di apprezzarle,
a volte aiuta ricordarsi che esistono cose belle,
per quando saremo pronti."
Matt Haig
Buongiorno☕️
with love, Stefania
𝒟𝒶𝒾𝓁𝓎 𝐼𝓃𝓈𝓅𝒾𝓇𝒶𝓉𝒾𝑜𝓃
Things That Inspire Me Everyday.
Spero che abbiate tutti una bella giornata!
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Perché essere sempre di fretta non ci fa per niente bene
La società della performance è una società dello strafare con ritmi che per molti aspetti sono dannosi sia per il nostro benessere sia per il nostro successo.
Dal punto di vista della psicologia avere sempre fretta in tutto ciò che facciamo non ci fa per nulla bene. Non che sia propriamente una scelta nostra: troppo spesso, infatti, ci ritroviamo vittime di quella società della performance, anzi dello strafare, che noi tutti alimentiamo ogni giorno e che produce importanti effetti negativi sul nostro equilibrio.
Così, non dovrebbe sorprenderci che l’aggettivo lento da qualche anno sia stato reclamato da diversi ambiti legati al nostro stile di vita. Perché se proprio - e anche su questo dovremmo riflettere - non possiamo rallentare al lavoro, almeno ciò che sta al di fuori dell'ufficio dovrebbe avere un ritmo sostenibile. E invece, quanti di noi si sono ritrovati prima o dopo ad ammettere di non farcela più? E quanto c’entra con quel malessere la fretta?
Il tramonto del multistasking
Il multitasking è un esempio eloquente. Per anni è stato celebrato come un fenomeno quasi ammirevole nel mondo del lavoro; poi sono arrivate le smentite da parte delle neuroscienze e della psicologia: avere sempre fretta e cercare di fare più cose insieme non ci fa affatto bene, come spiega fra le altre cose Adam Gazzaley nel suo Distracted Mind (FrancoAngeli).
Cibo veloce da consumare in pochi minuti
Lo slow food e lo slow tourism sono altri due fenomeni che dovrebbero farci capire che perfino la nostra alimentazione e i nostri viaggi sono diventati prede di velocità folli. Due settori che, a ben pensarci, non sono poi così marginali: il primo è vitale e non a caso rientra fra i nostri bisogni primari; il secondo ha un legame quasi ancestrale con il nostro benessere (e in questo articolo vi abbiamo spiegato il motivo).
Eppure la fortuna di format come i fast food ci dimostra che il marketing e i profitti di alcune aziende possono passare davanti perfino alla nostra salute. Cibo ultraprocessato, preparato in fretta e consumato (non c’è verbo più idoneo) ancora più velocemente, noncuranti delle conseguenze sulla nostra digestione e sulla nostra salute.
Non dovremmo sorprenderci, dopotutto: in giornate che sembrano sempre più brevi ma con sempre più cose da fare, se qualcuno ti promette un pasto che fra preparazione e consumo ti porta via solo quindici minuti è facile cascarci. L'ideale, insomma, per chi può - troppo spesso vuole - dedicare poco tempo alla pausa pranzo.

Vogliamo perfino dormire più in fretta
Sì, dormire poco per fare di più: è la formula assurda del chi dorme non piglia pesci promossa anche dai film statunitensi dove manager di successo lavorano fino a notte fonda. In questo articolo Alessandro Cicolin, direttore dal Centro di Medicina del Sonno della Città della Salute e della Scienza di Torino, ci ha spiegato che non potrebbe esserci strategia più sbagliata perché il buon sonno (per gli adulti dalle sette ore in su a notte) è cruciale anche per la performance professionale. Molti calciatori di successo, ad esempio, dormono anche nel pomeriggio per favorire una migliore memorizzazione degli allenamenti.
Lo zampino della tecnologia anche sulla scrittura
In questa corsa continua e affannata che sono diventate le nostre vite, anche la tecnologia digitale svolge un ruolo non trascurabile. Ciò che prima si faceva in tot tempo – pensiamo banalmente a trovare un posto con un oggetto che ora sembra preistorico, come lo stradario – ora ne richiede la metà.
Difficile intravedere le conseguenze (ma in questo articolo vi diamo una mano) su chi è nato e cresciuto in anni analogici, cioè fino ai Millennial compresi. Ma per le generazioni successive qualcosa è già stato notato, fra le altre cose in relazione alla scrittura a mano.
Il neurologo Lorenzo Lorusso, nell’ambito di un incontro intitolato Neuroscienze della scrittura, lo ha spiegato chiaramente: «la scrittura a mano è molto importante per la stimolazione e il miglioramento delle funzioni cerebrali; infatti, nei bambini che hanno intrapreso l’uso degli strumenti digitali, la riduzione dell’uso della penna ha procurato un aumento di disturbi come la dislessia e la disgrafia».

Certo, scrivere a mano richiede molto più sforzo fisico e mentale; ma soprattutto comporta tempi di elaborazione del linguaggio più lenti: non è un caso se nella scrittura digitale, anche chi non lo faceva quando usava carta e penna, ora commette molti più errori ortografici e grammaticali (qui abbiamo approfondito la questione).
Tempo ed energie maggiori, che però non sembrano essere buttate nella spazzatura. Per lo meno non secondo il neurologo e psicoterapeuta Pierluigi Brustenghi che a Libero ha ricordato che «quando scriviamo a mano attiviamo dodici aree cerebrali, quando digitiamo soltanto una o due. Maria Montessori diceva che la mano è lo strumento espressivo dell’umana intelligenza e il gesto corrisponde all’emozione: la congruità tra mente, emozione e gesto è un obiettivo che dovremmo trasmettere ai giovani. Chi scrive a mano ha una memoria più funzionale e i ragazzi che se ne sono disabituati usano lo stampatello perché il cervello non è allineato all’organizzazione gerarchica delle parole, quindi dei pensieri. Scrivendo a mano bisogna pianificare, eseguire le lettere, correggerle. Si tratta di rivalutare l’embodied cognition: il corpo che modella la mente».
Analogamente accade per il tempo che dedichiamo ad apprendere nuove parole, ad arricchire il nostro lessico: «chi è più ricco di parole avrà più successo nella vita» sostiene il neurologo.
GQ
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